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Obbligazioni: rialzisti ancora a lungo

Ci troviamo nella quinta fase rialzista del mercato obbligazionario in dieci anni. Come operare in questo contesto?

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Alessio Trappolini

Il tono senza dubbio più accomodante utilizzato dalle Banche centrali in questo 2019 è il principale fattore che ha scatenato il rally dei mercati finanziari. Ma a salire non sono state soltanto le azioni ma anche le obbligazioni hanno avuto un ruolo da comprimario nella salita che tutti abbiamo visto in questi primi sette mesi dell’anno.

Ora che i mercati obbligazionari hanno leggermente rallentato, la fase rialzista può dirsi finita?

"Certamente no", ha commentato Chris Iggo, Chief investment offices presso AXA Investment Managers ed esperto del mondo obbligazionario. Per l’esperto il mini sell-off sul mercato obbligazionario renderà gli yield un po’ più interessanti, ma attenzione – precisa lo strategist - lo yield non corrisponde al rendimento: "a meno che non si conservino i titoli in portafoglio fino alla scadenza, i rendimenti possono risultare molto più alti degli yield attuali soprattutto sulle scadenze a lungo termine".

Ci troviamo nella quinta fase rialzista (in termini di prezzo) del mercato obbligazionario in dieci anni. I picchi precedenti sono avvenuti a settembre 2010, giugno 2012, marzo 2015 e luglio 2016. Il rally attuale per l’obbligazionario è iniziato a ottobre dello scorso anno per i Treasury e a febbraio dell’ultimo anno per i Bund. Potrebbe continuare se le banche centrali portassero avanti una politica accomodante.

Rispetto ai picchi precedenti, il prezzo dei Treasury potrebbe salire di più rispetto a quello dei Bund, in linea con gli yield USA che sono ancora abbastanza alti. Uno yield target dell’1,0% – 1,5% per il segmento a 10 e 30 anni negli Stati Uniti non sembra poi così esagerato, qualora la Fed proceda con un allentamento significativo nei prossimi due anni. Questo comporta un rendimento del prezzo a doppia cifra nel segmento a lungo termine della curva dei Treasury. La fase rialzista del mercato obbligazionario non è necessariamente finita.

L’importanza della duration

Qui intervengono i fattori di rischio rappresentati dalla duration e dalla convessità.

Con la tendenza al ribasso degli yield e l’emissione di obbligazioni a cedola più bassa, la duration media tende ad aumentare. Iggo ha sottolineato che "la duration dell’indice dei Treasury decennali è salita da 11,7 anni di un decennio fa ai 17 anni attuali, in linea con la riduzione della cedola media dal 6,4% del 2009 al 3,5% odierno".

Va da sé che maggiore è la duration, maggiore sarà la sensibilità del prezzo delle obbligazioni alle variazioni dello yield. Tale sensibilità varia anche in risposta a un calo degli yield, un rapporto che viene chiamato convessità. "Senza entrare troppo nei tecnicismi, più lunga è la duration e maggiore la convessità, più ampia sarà l’oscillazione del prezzo di un’obbligazione in caso di variazione degli yield", ha spiegato l’asset manager.

Investire con i tassi bassi: come fare?

Di fronte a tassi più bassi più a lungo, cosa dovrebbe pensare chi investe in obbligazioni? L’approccio suggerito da Iggo è articolato, ma efficace:

"Secondo me, una strategia interessante resta un approccio Barbell nell’high yield short duration (nei mercati emergenti e sviluppati) e in titoli di Stato a più lunga scadenza e di alta qualità. Eppure, mi sembra che molti investitori abbiano bisogno di essere convinti a investire in titoli di Stato a lunga scadenza perché gli yield sono così bassi. Io continuo a basarmi sullo stesso principio. Nei portafogli obbligazionari a gestione attiva dove il periodo di investimento effettivo è molto più breve rispetto a quello di una strategia buy-to-hold, il livello dello yield in questo momento non è necessariamente quello dei rendimenti futuri".

Prendiamo per esempio gli ultimi 10 anni. Lo yield dell’indice Global Broad Market di ICE/Bank of America-Merrill Lynch è stato tra l’1,0% e il 3,14%. Peraltro, il rendimento complessivo a un anno si è attestato tra il -2% e l’8% Lo yield attuale è di poco inferiore all’1,5%. Negli ultimi dieci anni, quando lo yield dell’indice era tra più e meno 20 punti base rispetto a tale livello (tra 1,3% e 1,7%), il rendimento a un anno oscillava tra -1% e 7%. Un altro esempio è il segmento a lungo termine del mercato dei titoli di Stato tedeschi. Lo yield dell’indice a 10 anni a fine 2018 era dello 0,64%. Quest’anno, ad oggi il rendimento complessivo di tale indice è stato del 10,6%.

Naturalmente è molto diverso se si conserva l’obbligazione a lungo termine in portafoglio fino alla scadenza. Gli yield sono molto bassi e dunque sembra avere poco senso. Uno yield dello 0,35% per il debito giapponese a 30 anni, o dello 0,99% per il debito francese, o dell’1,48% per il debito spagnolo sembrano assurdi.

Ma adottando un approccio attivo alla gestione del reddito fisso si può sfruttare la volatilità che deriva dagli strumenti con una duration maggiore, anche se gli yield non variano molto. Questo è importante anche nella costruzione di portafogli multi-asset. Negli ultimi dieci anni, la correlazione tra un portafoglio di titoli di Stato globali a lunga scadenza (in USD o EUR) e gli indici azionari è stata tra nulla e negativa.

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