Grazie ad internet, chi intende commercializzare prodotti o offrire servizi può farlo senza disporre di un punto vendita o di un ufficio tradizionali. Si tratta di una novità sostanziale che ha permesso alle aziende che commerciano beni ed offrono servizi tramite tecnologie digitali di prosperare e di mettere in crisi i modelli tradizionali.
Il passaggio da uno shopping “fisico” ad uno “virtuale” ha prodotto quella che negli Stati Uniti è stata chiamata la “retail Apocalypse”, l’apocalisse che ha colpito il commercio al dettaglio tradizionale e che sta portando alla progressiva chiusura di punti vendita.
A fronte di un Amazon che ormai vanta una capitalizzazione di mercato di oltre 843 miliardi di dollari (dati Bloomberg all’8 ottobre 2019), sono sempre più i big del commercio al dettaglio “tradizionale” che si trovano a dover chiudere i battenti. Nelle ultime settimane ha fatto particolarmente scalpore la bancarotta dichiarata dal fast fashion statunitense Forever 21 che, in un colpo solo, ha chiuso 178 punti vendita negli Stati Uniti e 350 in tutto il mondo.
Se quello dell’e-commerce rappresenta l’esempio più lampante, quello con cui ogni giorno ci troviamo a fare i conti, sono innumerevoli i settori che si trovano ad affrontare il processo di digitalizzazione.
Per le aziende, lo sbarco all’interno di quello che possiamo definire come l’ecosistema digitale è passato in pochi anni dall’essere un’opportunità finalizzata ad incrementare il giro d’affari ad una scelta imprescindibile. Secondo le ultime elaborazioni di Statista, il totale delle vendite online è destinato a passare dai 2,98 trilioni di dollari del 2018 ai 3,53 trilioni di dollari dell’anno corrente (+18,5%).
Il trend di crescita è destinato a continuare: il giro d’affari a livello globale dovrebbe attestarsi a 4,21 trilioni di dollari nel 2020, a 4,93 trilioni nel 2021, a 5,69 trilioni nel 2022 e a 6,54 trilioni nel 2023. In quattro anni quindi, gli esperti stimano una crescita supplementare dell’85,1%.
Lo sviluppo esponenziale del megatrend dei mercati digitali ha spinto l’emittente svizzero Vontobel a creare un prodotto per permettere agli investitori di beneficiare delle interessantissime opportunità che le aziende del settore offrono. Dalla collaborazione con Solactive AG è quindi nato l’indice Digital Marketplaces Performance.
Il paniere è un Net Total Return (le eventuali cedole e le altre distribuzioni nette vengono reinvestite nell’indice) e attualmente contiene 18 società (può arrivare ad un massimo di 20) che hanno conseguito ricavi significativi nelle aree dei mercati digitali relative a beni immobili, media, turismo e tempo libero, borse valori, servizi finanziari, e-commerce.
Per far parte dell’indice, le aziende devono essere quotate su una Borsa ufficiale e regolamentata e superare altri criteri, come una capitalizzazione di mercato pari o superiore a 750 milioni di dollari e un volume medio giornaliero di almeno 1 milione di dollari negli ultimi tre mesi.
Il team di Solactive fornisce un punteggio aggiuntivo per le quelle imprese che operano in un contesto caratterizzato da elevate barriere all’ingresso (alta brand awareness, protezione globale dei diritti di brevetto, network e alleanze in grado di creare valore aggiunto e unicità del modello di business), che presentano alta qualità del management e un business internazionale. Oltre a ciò, a pesare è anche l’attrattività del prodotto e la crescita del mercato.
Il Solactive Digital Marketplaces Performance Index è calcolato su base 100 punti dal 29 luglio 2016, e la sua composizione che può variare due volte l’anno. La valuta dell’indice è il Dollaro Usa.
L’ultimo ribilanciamento dell’indice, datato gennaio 2019, non ne ha cambiato la composizione. Dalla sua creazione, il listino ha messo a segno una performance del 73,96%, attestandosi a 173,96 punti. Il massimo storico è stato registrato lo scorso 12 luglio, quando il paniere ha raggiunto i 192,8 punti (fonte Solactive, dati al 9 ottobre 2019). Da inizio anno invece, il paniere ha segnato un +21,6% (fonte Solactive, dati all’8 ottobre 2019).
Le società che compongono attualmente l’indice sono: Adobe, Alibaba, Amazon, Booking, CME Group, Ctrip.com International, Deutsche Boerse, Ebay, Expedia, Fiserv, Hong Kong Exchanges & Clearing, Intuit, LendingTree, Netflix, Paypal, Rea Group, RightMove e Zillow Group.
Secondo le indicazioni fornite dalla piattaforma Bloomberg (dati aggiornati al 9 ottobre), da inizio anno, le performance migliori sono state registrate da Rea Group (+47%), da Fiserv (+40,71%) e da LendingTree (+39,91%). Al contrario, l’andamento peggiore nel 2019 è appannaggio di Zillow Group (-6,36%, unico titolo dell’indice con performance negativa).
Degno di nota è il fatto che l’indice abbia costantemente performato meglio del suo benchmark, il Solactive GBS Developed Markets Large & Mid Cap USD Index (nel 2019, la performance di quest’ultimo paniere si attesta al 15,2%).
Vediamo ora la situazione grafica della migliore e della peggiore società del Solactive Digital Marketplaces Performance Index da inizio anno: Fiserv e Zillow Group.
I prezzi di Fiserv sono inseriti in un fortissimo uptrend, sfociato in un nuovo massimo storico lo scorso 6 settembre a 109,9151 dollari. Graficamente, le quotazioni sono state respinte dalla linea di tendenza che unisce i top del 31 luglio a quelli del 19 agosto 2019.
Dopo svariati tentativi di rottura della resistenza a 105,84 dollari, ereditata dai massimi del 19 settembre, i corsi potrebbero ora mirare ad un ritorno verso la soglia psicologica dei 100 dollari, area di transito della linea di tendenza che unisce i minimi del 16 gennaio a quelli del 3 settembre scorsi.
Nel caso in cui questi livelli dovessero essere violati, un ipotetico punto di arrivo sarebbe individuabile a ridosso del supporto a 91,19 dollari, che peraltro corrisponde alla zona di passaggio della media mobile semplice a 200 giorni.
In caso di discesa, i prezzi chiuderebbero il gap up aperto dal 26 luglio 2019. Un abbandono dei 91,19 dollari verrebbe visto in maniera piuttosto negativa, in quanto la tendenza principale inizierebbe a deteriorarsi in maniera più rilevante.
Per i prezzi di Zillow Group la situazione è invece diversa: da fine luglio scorso l’andamento delle quotazioni ha subito una brusca inversione che ha permesso ai venditori di violare la linea di tendenza che unisce i massimi del 13 giugno a quelli del 12 luglio 2018.
L’accelerazione in essere ha portato i corsi dapprima alla rottura della media mobile semplice a 200 giorni, per poi passare a quella della trendline disegnata con i lows del 20 novembre 2018 a quelli del 2 maggio 2019. Più di recente invece si è verificato il breakout più grave di tutti, riferito al livello dinamico ottenuto collegando i minimi del 9 febbraio 2016 a quelli del 20 novembre 2018.
Solo un deciso superamento di 30,80 dollari potrebbe portare una fase positiva per il titolo: in questo senso, potrebbe aiutare il pattern di bullish Harami configuratosi tra l’8 e il 9 ottobre 2019 e la divergenza di inversione rialzista sull’RSI settato a 14 periodi.
Nel caso in cui i prezzi dovessero proseguire il loro downtrend, i compratori potrebbero tentare di rialzare la testa a 26,077 dollari, dove è presente un coriaceo supporto di lungo periodo, ereditato dai top dell’8 marzo 2016.
In un contesto in cui i mercati azionari a livello globale stentano a segnare performance, c’è un prodotto che da inizio anno ha fatto registrare una performance del 26,72%.
Si tratta del Tracker Certificate di Vontobel con ISIN DE000VN9EGG4: questo strumento replica, in linea di principio, in modo lineare (1:1), l’andamento dell’indice di Solactive Digital Marketplaces Performance.
Quotato sul mercato SeDeX di Borsa Italiana dal 17 ottobre 2018, il Certificato è stato emesso ad un prezzo di 100 euro, prevedendo commissione di gestione pari all’1,20%. Il Tracker Certificate sull’indice Solactive Digital Marketplaces Performance ha registrato un +21,40% dall’emissione.
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