Banche centrali sempre più influenti nel 2019
Lo stato di salute dell’economia degli Usa appare ancora solido, mentre qualche problema potrebbe averlo l’Eurozona, dove la Bce potrebbe trovarsi senza munizioni adeguate a fronteggiare una nuova recessione
La situazione cui stiamo assistendo ora nei mercati è frutto delle aspettative che gli operatori dei mercati finanziari hanno per il prossimo anno.
Particolare attenzione da parte degli investitori è rivolta verso le aspettative di rallentamento della crescita, opinione che trovano sempre maggior riscontro negli ultimi dati economici, dall’inflazione e dal rialzo dei tassi di interesse ad opera della Federal Reserve.
Nel 2017 tutte le economie hanno contribuito alla crescita mondiale, tuttavia quest’anno il maggiore lavoro lo hanno fatto gli Stati Uniti. Arrivati alla fine dell’anno sono tanti gli interrogativi che si pongono gli investitori in vista del 2019.
A tal proposito Daniel Morris, strategist di BNP Paribas Asset Management (nella foto) spiega, in un incontro con la stampa, che secondo le sue stime la crescita negli Stati Uniti rallenterà, dall’attuale 3,2% al 3,0%, ma che è comunque presto per dire che si andrà incontro ad una recessione, almeno non prima del 2020.
“C’è una differenza tra una crescita che è in costante aumento e una situazione di crescita in marginale rallentamento. Questa situazione riguarderà tutte le principali economie mondiali per il 2019”, spiega lo strategist di BNP Paribas. “Tuttavia, questo non vuol dire che ci sarà una recessione negli Stati Uniti, mentre in Europa, Cina e nei mercati emergenti la situazione è un po diversa.” Vediamo perchè.
Stati Uniti lontani da una recessione
La situazione negli Usa appare ancora stabile, anche alla luce dei recenti dati PMI in aumento, situazione contrapposta all’andamento degli indici dell’attività manifatturiera e dei servizi del Vecchio continente, così come per la Cina.
Secondo Morris i rischi principali per l’economia statunitense potranno derivare da un comportamento non idoneo della Federal Reserve nel seguire il percorso della sua politica di rialzo del costo del denaro.
L’esperto in particolare evidenzia due possibili scenari: uno nel medio periodo ed uno di più lungo termine, entrambi legati alle possibili azioni che la Fed intraprenderà nei prossimi mesi riguardo la politica monetaria. La variazione dei tassi di interesse dipendentemente dai dati economici potrebbero portare ad un rallentamento della crescita e, in casi peggiori, ad una recessione nei prossimi due anni. Così Morris:
Nel primo scenario potrebbe succedere che la Fed alzi troppo i tassi di interesse con un’inflazione che non sale. Nel secondo scenario potrebbe verificarsi un aumento dell’inflazione e di conseguenza la banca centrale sarebbe costretta ad aumentare ancora di più il costo del denaro rispetto quanto scontato dal mercato.
Mentre un rischio che secondo l’esperto non si presenterà nel breve termine è quello del debito in rapporto al Pil degli Stati Uniti, che al momento rimane al 3% ma potrebbe arrivare fino al 5% nei prossimi anni.
La situazione in Europa
Per l’area euro l’esperto di BNP Paribas stima una crescita dell’1,6% in linea con la media di lungo periodo. Riguardo le tensioni tra Roma e Bruxelles sostiene che ci potrebbe essere un accordo per un deficit che rimarrà comunque alto rispetto il volere della Commissione europea, ma meno rispetto a quanto presentato inizialmente con la manovra di bilancio per il 2019.
Nel Regno Unito invece la situazione potrebbe essere anche peggiore a causa dell’incertezza legata alla Brexit, tuttavia l’esperto sostiene che le conseguenze di un hard Brexit potrebbero essere devastanti per l’economia inglese per il suo mercato di esportazione, mentre l’impatto sarà di minore entità per l’Eurozona.
Rispetto gli Stati Uniti, Morris teme che, essendo i tassi di interesse già bassi, nel caso di una recessione la BCE non sarà in grado di ridurli ulteriormente per stimolare l’economia europea. Questo potrebbe essere il grande problema in futuro.
Fonte: https://www.money.it/Wall-Street-Europa-2019-politica-monetaria-azioni-banche-centrali-sempre-piu-influenti
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