ETF obbligazionari: perché tenerli in portafoglio e come selezionare il giusto benchmark
Simone Rosti di Vanguard spiega perché gli ETF obbligazionari rappresentano la soluzione più efficiente per un portafoglio ben diversificato e sfata due grossi miti su questi strumenti
In un portafoglio ben diversificato e bilanciato la componente obbligazionaria non deve mai mancare.
Le obbligazioni infatti contribuiscono a compensare la volatilità di attività a più alto rischio come le azioni, agendo da ammortizzatore nei portafogli multi-asset. Offrono inoltre una fonte stabile di reddito, pagando gli interessi degli investitori a intervalli regolari. E forniscono rendimenti d’investimento, sia attraverso il reinvestimento del reddito (gli interessi) che da classi di attività a reddito fisso a rischio più elevato, come il credito.
Per posizionarsi sul mercato obbligazionario esistono diverse opzioni alternative alla compravendita diretta di un bond. Gli ETF obbligazionari ne sono un esempio. Questi strumenti replicano un indice che a sua volta segue le performance di un paniere di obbligazioni consentendo agli investitori di acquisire un’esposizione su obbligazioni a cui è difficile accedere.
«Solo in Europa, alla fine del 2018, il numero di prodotti quotati di tipo obbligazionario ha superato la soglia di 400 (per lo più ETF) per un patrimonio di oltre 198 miliardi di dollari (dati provenienti da ETFGI). Si tratta di un deciso aumento rispetto ai circa 360 prodotti a reddito fisso e ai circa 137 miliardi di dollari di attività alla fine del 2016», ha spiegato Simone Rosti, Responsabile per l’Italia di Vanguard, in un report.
ETF obbligazionari: i miti da sfatare
Pur essendo chiare le ragioni di crescita degli ETF obbligazionari, gli investitori hanno sempre espresso dei dubbi sul loro utilizzo in ragione del fatto che in contesti di mercati volatili, la liquidità delle obbligazioni diminuisce, rendendo quindi la negoziazione di questi titoli potenzialmente difficile e quindi meno efficiente l’ETF. Secondo Rosti tali timori sono fuori luogo, ecco perché.
- Mito 1
Gli investitori di ETF obbligazionari non sono in grado di poter contare sulla liquidità nelle fasi di sell off dei mercati.
Realtà
La negoziazione di ETF obbligazionari tende a aumentare durante i periodi di mercato volatile
- Mito 2
Gli spread denaro-lettera degli ETF obbligazionari sono più ampi durante le fasi di sell-off.
Realtà
Gli spread degli ETF obbligazionari mostrano una buona resistenza durante i sell-off e sono ancora più ristretti rispetto a quelli delle negoziazioni delle singole obbligazioni.
ETF obbligazionari: quali indici sottostanti selezionare?
Con la stragrande maggioranza degli ETF che replicano un indice, la selezione del benchmark è una decisione importante per qualsiasi investitore, in particolare per gli investitori obbligazionari.
Secondo il manager di Vanguard «occorre innanzitutto considerare i criteri di inclusione dell’indice che determinano il numero e il tipo delle obbligazioni che lo costituiscono. Questo determina le caratteristiche di rischio e rendimento dell’indice».
Da un punto di vista meramente tecnico è importante che questi criteri siano allineati per aiutare gli investitori a raggiungere i loro obiettivi di investimento. Può essere una buona idea scegliere un ETF con una comprovata esperienza, che ha dimostrato coerenza non solo nella sua costruzione, ma anche nella sua esposizione nel tempo.
«Affinché gli investitori abbiano le migliori possibilità di successo – chiosa Rosti –, ritengo che nell’investimento sia fondamentale aver cura nella scelta dell’indice sottostante e dell’emittente di un ETF. I fondi indice obbligazionari diversificati e a basso costo rappresentano l’opzione migliore per la stragrande maggioranza degli investitori a reddito fisso».
Fonte: https://www.money.it/ETF-obbligazionari-portafogli-diversificazione-selezione-benchmark-simone-rosti-vanguard
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