FAANG troppo volatili, è il momento dei DANG

FAANG troppo volatili, è il momento dei DANG

Quali aziende ci sono dietro l’acronimo DANG coniato da Capital Group?

La discesa dei mercati finanziari del 2018 ha mietuto vittime illustri.

Secondo Capital Group nessun titolo si è mostrato sensibile alle oscillazioni del mercato più di quelli delle maggiori aziende tecnologiche, tra cui i cosiddetti «FAANG» (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e la controllante di Google, Alphabet).

«Il settore tecnologico ha trainato il mercato sia nei periodi di crescita che in quelli di flessione e, nel 2019, ha finora registrato un recupero significativo, di pari passo con i beni di consumo e l’economia nel suo complesso. Gli investitori, tuttavia, farebbero bene a mantenere comunque un approccio prudente, poiché la conclusione del ciclo economico negli Stati Uniti, le tensioni commerciali irrisolte e la crescita degli utili più lenta delle attese lasciano presagire che i mercati conserveranno l’attuale andamento discontinuo», si legge in un report circolato questa mattina firmato da Alan Berro e Chris Buchbinder.

Il potere della diversificazione

I due portfolio manager di Capital Group evidenziano come nel 2018, alcuni dei segmenti più difensivi del mercato, che offrono dividendi significativi, hanno mostrato una buona tenuta. Ad esempio, il settore dei servizi di pubblica utilità ha sovraperformato il mercato nel suo complesso in ognuno dei tre periodi di volatilità pronunciata osservati e, nonostante un marcato svantaggio nelle fasi di crescita, ha concluso l’anno positivamente a fronte di una volatilità relativamente ridotta. Società appartenenti a un’ampia gamma di settori e industrie stanno creando ricchezza offrendo prodotti e servizi convincenti.

Berro e Buchbinder sottolineano che «se consideriamo otto importanti fasi di ribasso passate, andando indietro fino al 1987, è evidente come molte delle aree più resistenti abbiano pagato dividendi generosi. A titolo di esempio, diamo uno sguardo rapido ai titoli che abbiamo denominato DANG, acronimo che sta per DowDuPont, AbbVie, Nestlé e General Motors. Sebbene operino su settori di mercato diversi e rappresentino una gamma eterogenea di prospettive imprenditoriali, potenziali di profitto e sfide, sono tutte società blue chip consolidate che hanno staccato dividendi significativi e che costituiscono un valore potenziale per gli investitori di lungo termine».

DowDuPont: 1+1 può fare 3?

Il colosso chimico DowDuPont è nato nell’agosto 2017 dalla fusione di Dow Chemical e DuPont, con l’idea che l’unione delle due società generasse per gli investitori un valore superiore alla mera somma delle due parti. Nel corso di quest’anno, è stato pianificato il suo scorporo in tre società indipendenti, operanti rispettivamente nel settore agricolo, in quello dei prodotti chimici di base, in particolare plastica per imballaggi, e in quello dei prodotti chimici speciali, con la produzione di Kevlar e componenti automobilistici.

«Dopo la fusione, il titolo ha subito le pressioni di svariati fattori esterni, tra cui il rallentamento dell’economia cinese e la diminuzione della domanda di materiali. Riteniamo che quando le nuove società saranno formate il mercato riconoscerà loro un valore superiore alle attuali valutazioni. Nel frattempo, gli investitori possono beneficiare di dividendi corposi, il che significa che sono sostanzialmente pagati per attendere», dicono i due asset manager.

AbbVie: un franchise affermato con potenzialità di innovazione

Nel segmento healthcare, i produttori farmaceutici costituiscono degli investimenti difensivi, in quanto tipicamente la domanda di farmaci non è sensibile alle fluttuazioni economiche. Alcune case farmaceutiche mostrano inoltre un significativo potenziale di crescita, grazie ai progressi nel campo delle biotecnologie che rendono più vicino il traguardo di una cura per il cancro. Una di esse è AbbVie, produttrice del farmaco per l’artrite reumatoide Humira®, che ha effettuato investimenti significativi nello sviluppo di potenziali terapie oncologiche.

Così gli esperti di Capital Group: «AbbVie ha una pipeline di potenziali trattamenti antitumorali. Non solo la società sta registrando ottimi risultati, ma crediamo che il suo potenziale di crescita futura sia fortemente sottovalutato dagli investitori, aggiunge. Oltre a questo, se domani l’economia entrasse in recessione, le prospettive per AbbVie si manterrebbero tendenzialmente immutate».

Nestlé: oltre un secolo di resilienza

Nestlé, la multinazionale svizzera operante nel settore degli alimenti confezionati (tra cui pet care, caffé e latte artificiale) è operativa da oltre 150 anni. Contraddistinta da un forte spirito innovativo, la società ha inventato, tra le altre cose, il caffè istantaneo e il dado da cucina, e ha recepito con tempismo i cambiamenti nei gusti dei consumatori.

Capital Group sottolinea che la società non taglia i dividendi da decenni, e ha mostrato un impegno ad accrescerne il valore nel corso del tempo. «Un cambiamento ai vertici potrebbe essere ciò di cui la multinazionale ha bisogno per tornare a crescere. Il Ceo Mark Schenider, il primo esterno a capo del gruppo dal 1922, ha in programma di dare impulso alla crescita sia attraverso l’abbandono di settori meno profittevoli, come quello delle carni lavorate, dello skincare e del cioccolato negli USA, sia con un aumento del focus su prodotti quali latte artificiale, pet care, caffè e prodotti per la nutrizione clinica. La società intende raggiungere il proprio obiettivo di crescita del 5% circa entro il 2020, indipendentemente dalle condizioni economiche».

General Motors: la vecchia scuola che spinge sull’innovazione

Quando si pensa ai veicoli autonomi, il primo nome con la «G» a venire in mente è Google, poiché la società di Cupertino sta fortemente investendo in tale tecnologia. Ma anche General Motors, un’azienda di stampo tradizionale con una lunga storia alle spalle, ha a sua volta mosso passi nel settore con l’acquisizione della start-up Cruise Automation. Alla fine del 2018, la società disponeva di circa 180 automobili a guida autonoma in fase di test, principalmente a San Francisco. GM sta accumulando dati con grande rapidità, e riteniamo che potrebbe diventare il secondo operatore nel mercato statunitense delle auto a guida autonoma.

«Le valutazioni di mercato non sembrano riflettere, se non marginalmente, il valore di tale area di attività, in parte per via dell’attuale contesto di fine ciclo, in parte a causa delle preoccupazioni relative al commercio globale. Sono convinto che GM sia in una buona posizione per trarre vantaggio da un trend tecnologico di primaria importanza che potrebbe trasformare l’industria nei prossimi 5-10 anni», chiosano i portfolio manager di Capital Group.


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