Investimenti sostenibili: non è solo moda

Investimenti sostenibili: non è solo moda

Un sondaggio condotto da Robeco ha rivelato che la domanda di sostenibilità negli investimenti non è appannaggio solo delle nuove generazioni ma è distribuita piuttosto equamente tra tutte le fasce di età

Investire in maniera sostenibile non è una chimera e ne tantomeno una moda passeggera. Il crescente peso dell’universo ESG (acronimo di Enviromental, social and governance), ormai standard per definire l’approccio sostenibile agli investimenti, all’interno dell’industria degli investimenti ha catalizzato l’interesse non solo dei più giovani, i così detti Millenials, ma anche di tutte le generazioni nate e cresciute a cavallo fra gli anni ’70 e ’80.

“È vero che questa fascia di età (i Millenials, ndr) sembra essere quella più interessata agli investimenti sostenibili”, ha commentato Masja Zandbergen, responsabile dell’integrazione ESG di Robeco, “ma non si tratta certo di una moda passeggera. In realtà, l’attenzione verso la sostenibilità attraversa tutte le generazioni e vanta una storia secolare”.

Sicuramente i nati dalla metà degli anni ’80 in poi hanno avuto più facilmente accesso a informazioni che hanno portato alla luce le attività non sostenibili, grazie all’accesso ad internet più facile, e in base a queste hanno fatto delle scelte. Secondo quanto emerge dalle ricerche diffuse in questi ultimi anni, i nati nell’ultima decade del ventesimo secolo sono più propensi a comprare alimenti biologici e prodotti del commercio solidale e a preoccuparsi del rispetto dei diritti umani, più di quanto lo fossero i loro genitori o nonni. Tuttavia secondo Robeco l’interesse verso la sostenibilità è equamente distribuito fra tutte le fasce d’età.

Il sondaggio di Robeco rileva un interesse al mondo ESG diffuso fra tutte le fasce d’età

Stando a un sondaggio realizzato nel 2017 dalla casa d’investimento sulle preferenze dei propri investitori retail in Olanda, la domanda di sostenibilità è distribuita piuttosto equamente tra tutte le fasce di età. Il 70% circa degli ultracinquantenni si è dichiarato decisamente interessato alla sostenibilità, a fronte del 66% del gruppo 34-50 anni e al 67% del gruppo 18-34 anni. Pur non essendo uno studio scientifico esaustivo, il sondaggio ha effettivamente dimostrato che la sostenibilità è popolare tra le persone di mezza età e oltre tanto quanto lo è tra i millennial.

Si ottiene un risultato simile anche se si guarda a chi effettivamente investe in fondi sostenibili – il 28% degli over 50, il 29% del gruppo 34-50 anni e il 26% del gruppo 18-34 anni – e la quota di portafoglio media investita in fondi sostenibili, pari al 29% per gli over 50, al 30% per il gruppo 34-50 anni e al 33% per il gruppo 18-34 anni.

“L’interesse per la sostenibilità è diventato globale nel 1987, con la pubblicazione da parte della Commissione delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (Commissione Brundtland) del rapporto ‘Our Common Future’ in cui si denunciava lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, all’epoca rappresentato soprattutto dalla vasta deforestazione”, ha spiegato Zandbergen, ma la vera e propria globalizzazione della sostenibilità “ha raggiunto il suo apice con la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici tenutasi nel 2015 a Parigi (nota come COP21) e dalla quale è scaturito l’Accordo di Parigi ha spiegato”.

Ecco perché è facile comprendere che al giorno d’oggi è imprescindibile coniugare sostenibilità e investimenti, tenendo sempre a mente le parole del presidente della Commissione Ambiente e Sviluppo dell’ONU nel 1987, Gro Harlem Brundtland:

L’umanità può fare in modo che lo sviluppo sia sostenibile, ossia in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri


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