La Brexit continua a dividere, soprattutto i britannici

La Brexit continua a dividere, soprattutto i britannici

Secondo Léon Cornelissen, chief economist di Robeco la soluzione migliore sembrerebbe essere una Brexit a metà, con il Regno Unito che formalmente uscirebbe dal perimetro dell’Ue ma di fatto continuerebbe a far parte dell’Unione doganale per ancora diversi anni

A due anni dal referendum sulla Brexit del giugno 2016 il Regno Unito sta ancora faticando a concordare i termini della separazione dall’Europa. Dopo 45 anni di convivenza, segnata da rapporti non sempre semplici, l’uscita dall’Unione Europea sembra essere l’operazione più complessa intrapresa dal Regno Unito in tempi di pace, viste le difficoltà del Partito Conservatore nel definire in maniera precisa quali siano le proprie volontà in merito. Nel mentre il tempo continua a passare, e manca meno di un anno all’uscita ufficiale, già programmata per marzo 2019.

Uscita del Regno Unito dall’Unione Europea: quali rischi?

L’uscita del Regno Unito dal perimetro dell’’Unione Europea di fatto renderebbe il Paese della perfida Albione uno Stato satellite dell’Ue, seguendo il modello norvegese basato su un approccio a metà tra il dentro e il fuori, che è stato senza dubbio efficace per il paese scandinavo.

Secondo Léon Cornelissen, chief economist di Robeco (nella foto), se Londra lasciasse l’Europa il 29 marzo 2019 come da programma, potrebbe però rimanere all’interno del mercato unico mantenendo gli accordi di scambio senza alcun dazio per un periodo di transizione di almeno due anni, probabilmente anche oltre.

Il primo ministro Theresa May ha già indicato questa opzione come la più indicata nel breve termine, anche se è costretta a scontrarsi quotidianamente su questi temi con i membri del suo stesso Partito Conservatore, alcuni dei quali vogliono un’uscita completa.

“È difficile prevedere quale sarà la soluzione che risulterà dai negoziati. Il problema principale è dato dal fatto che il refendum ha semplicemente chiesto l’uscita dall’UE, senza specificare come o a che condizioni. Il nocciolo della questione è capire se il Regno Unito debba optare per una soft Brexit, rimanendo all’interno del mercato unico, o per una hard Brexit, uscendo completamente dall’Unione. Entrambe le soluzioni non sono esenti da problemi”, ha commentato Cornelissen.

Brexit o non Brexit?

Il capo economista di Robeco ha sottolineato che una Brexit soft sarebbe migliore dal punto di vista economico per il Regno Unito e risolverebbe una serie di questioni, incluso il problema della frontiera con l’Irlanda (il Nord uscirebbe dall’UE, mentre la Repubblica continuerebbe a farne parte), dato che si manterrebbe il mercato unico.

“Tuttavia, questo comporterebbe anche che il Regno Unitto dovrebbe continuare ad accettare il libero transito delle persone e contribuire al budget dell’Unione Europea. Non si risolverebbero però i due problemi politici che sono alla base della campagna per il Leave – livelli di immigrazione percepiti come troppo alti e la convinzione che il Regno Unito sia controllato da Bruxelles”, ha spiegato l’esperto.

Dal punto di vista dei cittadini britannici nemmeno una hard Brexit permetterebbe di risolvere tutti i problemi politici. “Si dovrebbe reinstaurare la frontiera sul confine con l’Irlanda, con controlli alle persone e alle merci in transito, in contrasto con l’accordo del Venerdì Santo del 1998, che ha portato la pace nell’Irlanda del Nord dopo decenni di lotte. Una soluzione di questo tipo sarebbe molto problematica anche dal punto di vista economico, dato che il Regno Unito uscirebbe dal mercato libero più grande del mondo, perdendo l’accesso privilegiato a un bacino di oltre 500 milioni di persone”, ha detto Cornelissen.

In questo caso si avrebbe anche da risolvere la questione relativa a quale modello di scambio adottare, dato che nessuno è esente da problemi. Tutte le opzioni, dalla negoziazione di un accordo in stile canadese alla completa uscita dal sistema Ue adottando gli accordi della WTO con i relativi dazi, sono comunque inferiori alla BRINO, che è comunque a sua volta meno vantaggiosa rispetto al fare parte dell’Ue.
Secondo Robeco rimanere all’interno dell’unione doganale e del mercato unico uscendo dall’UE sarebbe il risultato migliore dal punto di vista economico: in un contesto globale sempre più connesso, il Regno Unito potrebbe continuare a beneficiare del libero scambio, a fare parte del più grande mercato interno mondiale e continuare a benfeciare della massa critica investita nel centro finanziario della City di Londra.

Tuttavia “per quanto possa sembrare una scelta razionale, difficilmente si tradurrà in realtà. Dal punto di vista politico il risultato sarebbe molto poco interessante, dato che il Regno Unito diventerebbe di fatto uno stato-vassallo”, ha specificato lo chief economist.

Molto dipenderà dai progressi delle trattative, e dal modello di scambio che verrà infine adottato. Il Regno Unito ha già fatto diverse concessioni, ma l’UE ha dichiarato che non intende fare passi indietro sulla libera circolazione degli individui, sul mercato libero (e, per 19 nazioni, sulla moneta unica), su un’autorità sovranazionale indipendente – la Corte di Giustizia Europea – e sul desiderio di unità che è nato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Sulla base di ciò, la soluzione migliore sembrerebbe essere proprio il modello BRINO, con il Regno Unito che formalmente esce dall’Ue il 29 marzo 2019, ma continua di fatto a fare parte dell’Unione per ancora diversi anni. Una Brexit solo di nome, BRINO appunto.


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