La Trade war avvantaggia la Cina e indebolisce Trump
La politica protezionistica attuata dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump spaventa analisti e investitori, che temono lo scoppio di una guerra commerciale su scala globale, in grado di scuotere negativamente i mercati.
Per ora i dazi imposti dagli Stati Uniti prevedono un prelievo del 10% su 200 miliardi di dollari di merci cinesi, oltre a misure restrittive su 50 miliardi di dollari di merci.
I prodotti interessati da tali misure restrittive sono, ad oggi, una piccola parte. Questo aiuta a comprendere perché la fiducia dei produttori e dei consumatori non è ancora intaccata e spiega la reazione tutto sommato ordinata evidenziata finora dai mercati finanziari.
Il pericolo di una eventuale escalation non va però sottovalutato. Qualora degenerasse, la guerra commerciale avrebbe risvolti negativi soprattutto per gli investitori. Nelle ultime settimane, Donald Trump ha ribadito l’intenzione di imporre nuovi dazi alle importazioni cinesi, convinto che “le guerre commerciali sono una cosa buona e si vincono facilmente”.
I possibili scenari
La trade war, secondo gli analisti, invece, favorirà soltanto la Cina che si aprirà a nuove rotte commerciali. Di questo è certo Léon Cornelissen, Chief Economist di Robeco che, in un’attenta analisi, descrive i potenziali risvolti economici della guerra delle tariffe tra Stati Uniti e Cina.
“La cautela degli investitori è comprensibile”, afferma l’economista Cornelissen:
Il mondo non ha dimenticato gli insegnamenti della Grande Depressione, quando il graduale aumento del protezionismo contribuì alla lunghezza e alla gravità della crisi. Questo è il motivo per cui, dopo il crollo di Lehman Brothers, i Paesi del G20 hanno deciso di astenersi dall’adottare misure protezionistiche, a quanto pare con un discreto successo.
Le analisi delle Banche
A preoccupare il Chief Economist di Robeco sono anche le ultime simulazioni proposte dalla Banca Centrale Europea. Secondo la BCE un aumento di 10 punti percentuali dei dazi sulle importazioni degli Stati Uniti porterebbe tutti i partner commerciali a fare altrettanto.
A questo punto, gli effetti indiretti sulla fiducia farebbero salire i premi obbligazionari che spiccherebbero a 50 punti base e provocherebbero una flessione dei mercati azionari. Per gli Stati Uniti, questo equivale a una correzione del 16% dei listini azionari spiega ancora l’esperto.
Questa previsione non sembra spaventare Stati Uniti e Cina che non temono gli effetti sulla fiducia. Secondo le due potenze questi ultimi sarebbero decisamente inferiori rispetto all’impatto commerciale diretto.
La Cina unico vincitore
A detta degli analisti, a trarre beneficio da una eventuale guerra delle tariffe, sarebbe solo la Cina. Questa infatti compenserebbe le minori esportazioni verso l’America con un maggior numero di scambi con Paesi terzi: qui gli esportatori cinesi sono in grado di aggiudicarsi maggiori quote di mercato rispetto ai competitor americani.
Della stessa opinione della BCE è la Bank of England, che dipinge uno scenario simile. Secondo gli inglesi l’output statunitense potrebbe contrarsi del 2,5% e quello globale dell’1% attraverso i soli canali commerciali, inoltre l’impatto sul PIL mondiale sarebbe maggiore se tutti i Paesi alzassero i dazi contro tutti.
L’ atteggiamento protezionistico di Trump, lo ricordiamo, non si limita alla Cina. Le minacce di introdurre misure protettive sono state lanciate anche nei confronti dell’Unione europea. “Metteremo un’imposta del 25% su ogni automobile che arriva negli Stati Uniti dall’Unione europea”, ha dichiarato il Governatore USA in più occasioni.
Secondo l’economista di Robeco questo atteggiamento potrebbe decretare un indebolimento politico di Trump, che il 6 novembre dovrà affrontare le elezioni di metà mandato.
Poco probabile è, invece, che la guerra dei dazi nei confronti della Cina possa avere un impatto politico, in quanto la linea dura contro il Paese asiatico incontra il favore dell’opposizione democratica e di una significativa parte del settore privato statunitense.
In vista delle elezioni presidenziali del 2020, le pressioni esercitate dal presidente statunitense sull’Europa potrebbero diminuire a causa della mancanza di supporto, mentre potrebbero restare alte le tensioni politiche con la Cina, nella speranza che questo aumenti le sue chance di rielezione.
Fonte: https://www.money.it/trade-war-guerra-commerciale-cina-usa-indebolisce-trump
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