La curva dei rendimenti Usa è in grado di anticipare una recessione?
L’esordio del nuovo presidente della Federal Reserve Jerome Powell ieri in audizione a Washington di fronte al Congresso ha lasciato il segno sui mercati, in particolare sul segmento obbligazionario.
Il neo presidente Fed si è mostrato più ottimista sulla crescita della prima economia mondiale, mostrando al contempo qualche titubanza sulla sostenibilità di lungo periodo delle politiche basate su un eccesso di debito.
“Verrà un giorno in cui non saremo preparati ad onorare i nostri debiti o il servizio del debito stesso. Ma siamo molto lontani da questo momento”, ha dichiarato Powell, lasciando interdetti gli operatori di mercato.
In questo quadro i rendimenti sull’obbligazionario son risaliti, con impatto più marcato sulle brevi scadenze dove il biennale del Tesoro americano è arrivato a prezzare uno yield al massimo dal 2008.
La curva dei rendimenti USA è vicina ad un cambio di direzione a breve?
Storicamente la curva di rendimento del Treasury americano è una misura che gli economisti tengono sempre sotto monitoraggio in quanto è un indicatore affidabile dell’attività economica futura.
In un commento di mercato diffuso dopo lo speech di Powell Silvia Dall’Angelo, senior economist di Hermes Investment Management, ci ricorda che “qualunque recessione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale è stata trainata da un’inversione della curva dei rendimenti Us, ossia circostanze in cui lo spread dei rendimenti a 10 e a 2 anni è diventato negativo”.
E allora, dato l’attuale contesto di politica monetaria accomodante, in che misura dovremmo fidarci del rendimento USA come indicatore di una recessione?
Secondo Dall’Angelo i rischi sono ancora poco concreti ma bisogna mantenere un occhio critico nell’analizzare la curva dei rendimenti dei Treasuries. “I segnali provenienti dalla curva dei rendimenti non possono essere ignorati completamente data la loro affidabilità, soprattutto se accompagnati da altri indicatori macro di indebolimento, - ha chiosato l’economista di Hermes IM – tuttavia sembra ancora troppo presto per preoccuparsi di un’imminente recessione americana”.
E non solo perché i dati macroeconomici negli ultimi mesi si sono dimostrati più solidi del previsto, ma “anche perché al momento lo spread tra i rendimenti a lungo e a breve termine è ancora positivo. Sembra piuttosto che la yield curve statunitense stia scontando l’influenza distorsiva della politica monetaria non convenzionale degli ultimi anni”.
Ecco dunque che su queste basi la rilevanza di un’eventuale inversione sembra in qualche modo attenuata. Se il ciclo economico degli Stati Uniti si sta realmente avvicinando al suo punto d’inversione sarà solo la storia a dircelo, resta il fatto che fino ad ora l’appiattimento della curva è rimasto isolato da altri indicatori economici.
“Se si dovesse verificare un’inversione della stessa in una fase in cui l’inflazione è ancora sotto l’obiettivo ufficiale del 2%, la Fed avrebbe un forte motivo per rallentare o addirittura mettere in pausa il suo ciclo di rialzi dei tassi”, ha concluso Silvia Dall’Angelo.
Fonte: https://www.money.it/curva-rendimenti-Usa-recessione
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