MIFID II: intermediari finanziari poco trasparenti con la clientela

MIFID II: intermediari finanziari poco trasparenti con la clientela

Nella seconda parte di una ricerca svolta da Moneyfarm e la School of Management del Politecnico di Milano, si evince come l’industria del risparmio gestito italiano sia ancora poco trasparente nei confronti della clientela

Dopo aver pubblicato la ricerca sull’informativa ex ante dei costi e oneri connessi secondo la direttiva MIFID II (clicca qui per approfondire ), Moneyfarm e la School of Management del Politecnico di Milano hanno pubblicato la seconda parte dello studio, che esamina la qualità delle informative ex post a consuntivo dell’anno 2018, inviate dai principali intermediari finanziari a milioni di investitori retail italiani.

Si tratta quindi dei rendiconti annuali sui costi e gli oneri sostenuti sugli investimenti, resi obbligatori dalla normativa MIFID II.

Per la ricerca, sono state prese in considerazione le informative ex-post per il 2018 di 18 tra i maggiori intermediari presenti in Italia, focalizzati su una clientela retail.

I livelli di valutazione

Lo studio si è sviluppato su tre livelli di valutazione relativi a:

  • adempimenti sui requisiti obbligatori minimi imposti dalla normativa primaria e dai regolamenti attuativi di secondo livello;
  • indicazioni ESMA contenute nel documento di Q&A e, come best practice, le Linee Guida pubblicate da Ascofind nel documento “Informazioni sui costi e oneri” (non obbligatori);
  • Alcuni parametri qualitativi addizionali e rilevanti individuati dagli autori della ricerca.

I risultati della ricerca

In relazione al primo livello di valutazione, è emerso come solamente 5 intermediari su 18 abbiano rispettato integralmente i requisiti minimi imposti dalla normativa.

Nello specifico, l’indicazione dell’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento (evidenzia la relazione tra costi e rendimenti dell’investimento) viene indicato in modo parziale dal 44% degli intermediari, mentre il 6% lo ha omesso totalmente.

Gli oneri fiscali da riportare obbligatoriamente sono riportati parzialmente dal 22% degli intermediari considerati e non sono illustrati dall’11%. Positivo evidenziare come tutti gli intermediari finanziari abbiano riportato correttamente i costi totali applicati all’investitore.

In relazione al secondo livello, viene messo in luce come nessun intermediario si sia distinto per tempestività nell’invio dell’informativa ai clienti. Oltre a questo, il 94% degli intermediari usa termini di “non immediata comprensione”, con poca trasparenza nella comunicazione sui “pagamenti riconosciuti a terze parti”.

Nel 44% dei casi, non era presente l’indicazione disaggregata tra le voci previste dalla normativa, e il 72% dei rendiconti ha riportato le informazioni sulla fiscalità personale sui redditi conseguiti.

Sul terzo livello poi, si è notato come i rendiconti esaminati hanno in media 15 pagine, con il 28% dei documenti che rientra in 5 pagine, il 39% tra le 10 e le 30 e il restante 17% oltre le 30. Da evidenziare come tutto potrebbe essere riassunto in tabelle.

Inoltre, solo il 44% dei rendiconti inviati presenta la parola “costi” od “oneri” nell’intestazione. Nel 72% dei casi inoltre, i documenti sono dispersivi, e contengono anche messaggi pubblicitari.

Gli autori della ricerca hanno poi stilato un ranking di merito tra i vari intermediari, esprimendo un voto in trentesimi. In sintesi, il voto medio è pari a 21,4, con 4 insufficienze e solamente tre punteggi superiori al 26.

Giancarlo Giudici, Professore associato della School of Management del Politecnico di Milano e referente scientifico della Ricerca, ha commentato: “anche da questa seconda parte della nostra ricerca emerge che, per quanto riguarda l’Italia, l’industria del risparmio, in questo suo primo test imposto dal Legislatore, non è sempre riuscita a cogliere a pieno le potenzialità derivanti dalla MiFID II a beneficio di tutti. Scopo principale della Direttiva è quello di definire uno standard virtuoso nella comunicazione dei costi per aiutare l’investitore a prendere decisioni di investimento consapevoli; i risultati mostrano che alcuni intermediari sono riusciti meglio di altri nell’obiettivo. Sarà interessante osservare se nei prossimi anni il mercato farà tesoro di queste informazioni. Speriamo nel nostro piccolo di avere contribuito a fornire un utile strumento di auto-valutazione per gli operatori e di verifica della trasparenza delle informazioni ricevute per i risparmiatori”.

Paolo Galvani, Presidente e Co-fondatore di Moneyfarm, ha sottolineato: “ci auguriamo che nei prossimi anni le novità introdotte dalla Direttiva MiFID II possano impattare realmente su tutto il sistema, così da realizzare quella auspicata ’rivoluzione copernicana’ in ottica di maggiore trasparenza generale, riconoscibilità del valore di indipendenza associato alla consulenza finanziaria e consapevolezza del risparmiatore sugli effettivi costi dei propri investimenti. La trasparenza fa parte del nostro modo di operare da sempre, ed è per questo che abbiamo deciso di supportare questo importante lavoro del Politecnico che ci auguriamo possa diventare un utile strumento per stimolare comportamenti sempre più virtuosi, che dovrebbero essere un benchmark per tutta l’industria”.


Fonte: https://www.money.it/intermediari-finanziari-poco-trasparenti-mifid-2-polimi-moneyfarm

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