La gran confusione sui possibili riscatti

La gran confusione sui possibili riscatti

Il decreto legge n° 4 del 28 gennaio 2019, quello contenente Quota100 e Reddito di Cittadinanza è stato convertito in legge il 28 marzo scorso.

In questo articolo vediamo di approfondire una delle novità della manovra previdenziale su cui è stata consumata tanta enfasi, quella cioè relativa ai nuovi riscatti.

Tutto è contenuto nell’articolo 20 del D.L. n° 4/2019 sul quale i tre passaggi parlamentari hanno prodotto modifiche quasi insignificanti.

Sotto la generica definizione di "Facoltà di riscatto periodi non coperti da contribuzione" sono poi arrivati il comma 1 ed il comma 6, rispettivamente rivolti alla possibilità di riscatto di "vuoti contributivi" e ad una nuova possibilità del "riscatto di laurea".

Il fatto di averli entrambi collocati all’interno dello stesso articolo ha poi concorso a generare alcune ipotesi interpretative non sempre corrette, tant’è che l’ambito di applicazione è stato in qualche modo accomunato erroneamente, come vedremo in dettaglio.

Il comma 1, infatti, in un primo tempo battezzato impropriamente "pace contributiva", altro non è che la possibilità di coprire dei vuoti contributivi generati da periodi di non prestazione di alcuna attività lavorativa e per i quali, ovviamente, non esiste alcuna obbligazione contributiva: in sostanza una sorta di contribuzione volontaria retroattiva.

La norma contiene contemporaneamente estensioni e restrizioni variamente rappresentate.

Sul versante delle estensioni possiamo sicuramente annoverare i seguenti elementi:

  • la nuova norma riguarda tutti gli iscritti al regime generale, ai fondi sostitutivi ed esclusivi del regime generale, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata (restano fuori solo le casse professionali);
  • non è necessario documentare lo stato di disoccupazione mediante l’iscrizione ai centri per l’impiego;
  • possono essere riscattati i periodi già a partire dal 1° gennaio 1996.

Sul versante delle restrizioni possiamo nuovamente annoverare i seguenti elementi:

  • la nuova norma riguarda solo i lavoratori “privi di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995”, quindi i contributivi puri che non abbiano mai prestato attività lavorativa, sia in Italia che all’estero, alla predetta data;
  • pone un limite complessivo di 5 anni;
  • ha carattere sperimentale, per cui al momento trova applicazione solo dal 2019 al 2021.

Sull’efficacia dei periodi riscatti, sono utili sia ai fini del diritto, sia ai fini della misura delle pensioni.

Prima ancora di verificare chi può presentare l’istanza di cui sopra e come saranno pagati i rispettivi oneri, corre l’obbligo di sottolineare che nel caso in cui fosse poi in qualche modo acquisita della contribuzione antecedente il 1° gennaio 1996, tutto il castello crolla e l’operazione deve essere annullata.

Vi sono quindi ulteriori elementi di novità riguardanti da un lato coloro i quali possono presentare le domande di riscatto e dall’altro i benefici fiscali.

Ovviamente la domanda può essere presentata dal lavoratore interessato o dai suoi superstiti, e fini qui niente di nuovo. La novità in assoluto è rappresentata dal fatto che la domanda può essere presentata anche da parenti e affini fino al secondo grado.

Appare del tutto evidente che l’unico interesse ad agire di questi ultimi soggetti non può che essere legato al fatto che saranno detti soggetti a poter beneficiare delle agevolazioni fiscali di cui tratteremo.

Un altro elemento di novità, che riguarda però solo i lavoratori dipendenti del settore privato, è la possibilità che l’onere sia sostenuto dal datore di lavoro il quale può agire destinando a tale fine i premi di produzione spettanti al lavoratore. In tal caso la deducibilità è identica a quella prevista dal testo unico fiscale per i contributi versati ai fini di assistenza sanitaria, e cioè fino a 3.615,20 euro annui.

Infine, c’è la novità che riguarda i benefici fiscali. Fino ad oggi, infatti, gli oneri previdenziali, ancorché non obbligatori, sono sempre stati considerati “oneri deducibili” dal reddito imponibile ai fini fiscali senza alcun limite e con un beneficio tanto più elevato quanto più elevato fosse il reddito stesso, poiché agivano sulla aliquota marginale.

Il nuovo beneficio fiscale legato alla "pace contributiva" è invece rappresentato da una "detrazione" dall’imposta commisurata al 50% del costo sostenuto, che verrà spalmata nei cinque anni successivi, a partire da quello in cui l’onere stesso è stato sostenuto.

Si tratta quindi di un beneficio più favorevole rispetto al passato, pari alla metà del riscatto, che privilegia in particolare coloro che hanno i redditi più bassi.

Sulle modalità di calcolo dell’onere di riscatto non vi è nessuna agevolazione poiché trattandosi di regole di calcolo contributivo l’onere resta definito secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 5, del D.Lgs. n° 184/1997, e cioè, per ogni anno di riscatto, l’aliquota contributiva di finanziamento della gestione in cui viene effettuato il riscatto stesso applicata alla retribuzione o reddito imponibile degli ultimi 12 mesi di attività.

L’unica modifica intervenuta in sede di conversione in legge del decreto riguarda le modalità di pagamento dell’onere, per le quali siamo passati da 60 a 120 rate mensili senza interessi.

È invece più articolata la vicenda del nuovo riscatto di laurea per la quale occorrerà a suo tempo riassumere alcune vicende del passato.

Va intanto ricordato che il riscatto di laurea già era possibile sotto tre diverse sfaccettature:

  • per i periodi che si collocano nel sistema retributivo rimane la regola relativa alla “costituzione della rendita vitalizia” di cui all’articolo 13 della legge n° 1338/1962, in funzione della quale gli oneri sono determinati in funzione dell’incremento teorico di pensione al quale vengono applicate le tariffe di riserva matematica di cui al D.M. 31 agosto 2007;
  • per i periodi che si collocano nel sistema contributivo l’onere resta prioritariamente definito secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 5, del D.Lgs. n° 184/1997 applicando l’aliquota di finanziamento alla retribuzione o reddito imponibile degli ultimi 12 mesi di attività;
  • per i laureati che sono privi di qualsiasi copertura contributiva rimane la disposizione di cui all’articolo 2, comma 5-bis, del D.Lgs. n° 184/1997, secondo la quale l’onere è determinato sul reddito minimale dei lavoratori autonomi (per l’anno 2019 pari a 15.878 euro) al quale applicare l’aliquota di computo del regime generale (33%).

Tutte e tre le fattispecie ricordate generano poi benefici fiscali che consistono nella deducibilità del costo sostenuto dal reddito imponibile, tranne che per il riscatto di chi è privo di copertura contributiva per il quale è possibile beneficiare in alternativa di una detrazione per oneri nella misura del 19% fruibile da parte di coloro cui il soggetto è fiscalmente a carico.

Ebbene, il comma 6 dell’articolo 20 del decreto n° 4/2019 aggiunge una quarta possibilità rivolta esclusivamente ai periodi di laurea che si collocano nel sistema contributivo.

Va subito detto che anche tale comma ha subito una modifica in sede di conversione poiché è stato eliminato il riferimento alla condizione anagrafica: nel decreto si faceva riferimento ad una età inferiore ai 45 anni, ora chiunque potrebbe fruire della nuova agevolazione.

Tendenzialmente possiamo quindi parlare di tutti coloro per i quali il periodo corrispondente alla durata legale del corso di laurea si colloca in tutto o in parte dal 1° gennaio 1996 in poi.

In verità, nel momento in cui il lavoratore avesse le condizioni per esercitare il diritto di opzione per il sistema contributivo di cui all’articolo 1, comma 23, della legge n° 335/1995 e di cui al D.Lgs. n° 180/1997 (meno 18 anni al 31 dicembre 1995, quindici anni di contribuzione complessiva, dei quali almeno 5 anni dopo il 1° gennaio 1996), e lo esercitasse, diverrebbe destinatario in toto del sistema contributivo, motivo per il quale potrebbe avvalersi del nuovo riscatto di laurea anche per periodi precedenti il 1° gennaio 1996.

Quale è quindi l’agevolazione? Si tratta sostanzialmente dello stesso riscatto di cui all’articolo 2, comma 5, del D.Lgs. n° 181/1997, il quale tuttavia viene calcolato non sulla base delle retribuzioni imponibili dei 12 mesi precedenti la domanda, bensì sulla base del reddito minimale dei lavoratori autonomi (per l’anno 2019 pari a 15.878 euro) cui viene applicata l’aliquota di computo dell’assicurazione generale obbligatoria (33%).

Ebbene, se per i lavoratori dipendenti con retribuzioni eccedenti i predetti 15.878 euro la nuova norma rappresenta una diminuzione di costi, non è così scontato che lo possa essere per i lavoratori autonomi per i quali l’aliquota di computo è pari al 24%.

Sul versante fiscale si tratta di un normale riscatto che sconta le regole di deducibilità di carattere generale.

Qualche dubbio in più permane, invece, sulla efficacia del nuovo riscatto.

Infatti, nelle diverse versioni del decreto che furono diffuse prima che arrivasse al varo da parte del Consiglio dei Ministri e alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale., tale nuova opportunità era accompagnata da una frase che poi scomparve, tutto ciò riferito al fatto che detto riscatto potesse essere utile "anche ai soli fini dell’incremento della anzianità contributiva".

Ebbene, anche se nessuna modifica è intervenuta da tal proposito, resta un dilemma in relazione alle modalità cui tale novità è stata presentata e commentata da parte di diversi soggetti.

Sia la relazione illustrativa a corredo del disegno di legge presentato in Parlamento per la conversione del decreto-legge, sia la relazione tecnica con la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato, infatti, continuano a sottolineare la "finalità relativa al solo incremento della anzianità contributiva", e lo stesso atteggiamento lo leggiamo nel dossier contenente l’analisi del Servizio Studi del Senato, mentre la nota di lettura da parte del Servizio bilancio del Senato solleva dubbi sulla correttezza degli oneri stimati di copertura.

Il primo equivoco è rappresentato dal termine "incremento anzianità contributiva" e dalla sua interpretazione: i commenti citati parrebbero partire dall’assunto che significhi utilizzo del periodo di laurea riscattato solamente ai fini del diritto e non anche della misura, fatto ancora più esplicito nella nota del servizio bilancio che arriva a mettere in dubbio la correttezza della relazione tecnica nella parte in cui valuterebbe i soli costi derivanti dal diritto e non anche della misura.


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