Strumenti di protezione del patrimonio: l’atto di destinazione
L’atto di destinazione è idoneo a creare un effetto segregativo sui beni destinati, i quali non potranno essere aggrediti da eventuali creditori se non solo ed unicamente per ragioni derivanti dal medesimo scopo perseguito dal fondo e per nessun altro motivo
L’atto di destinazione è un istituto giuridico che crea – all’interno delle proprietà del soggetto disponente – un patrimonio separato, costituito da beni immobili o mobili iscritti nei registri pubblici, vincolandolo (per un periodo di tempo determinato non superiore a 90 anni o per la durata della vita del beneficiario) alla realizzazione di interessi superiori meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 del Codice Civile.
Proprio in virtù di questo vincolo l’atto di destinazione è idoneo a creare un effetto segregativo sui beni destinati che, dopo la necessaria trascrizione, non potranno essere aggrediti da eventuali creditori se non solo ed unicamente per ragioni derivanti dal medesimo scopo perseguito dal fondo e per nessun altro motivo.
La trascrizione è prevista per rendere pubblico il vincolo ed è indispensabile per poterlo opporre a terzi. I protagonisti dell’atto di destinazione sono sostanzialmente due: il disponente – una persona fisica oppure giuridica – che non deve necessariamente privarsi della titolarità del bene ma che, comunque, può anche decidere di trasferirla a terzi affinché provvedano alla sua destinazione e, naturalmente, il beneficiario – anch’esso una persona fisica oppure giuridica – che sarà, in genere, identificabile con una persona disabile (affetta da menomazioni tali da ostacolare la normale partecipazione alla vita sociale) oppure con organi statali titolari di poteri pubblici atti a curare gli interessi della comunità.
Gli ambiti di applicazione di questo istituto sono inoltre individuabili, per esempio, nella tutela dei bisogni della famiglia “di fatto” costituita da coppie non unite in matrimonio (in cosiddetto more uxorio) per salvaguardare il convivente, nelle famiglie allargate o in quelle in crisi per tutelare l’eventuale “anello debole”.
Gli interessi perseguiti devono, comunque, ruotare sempre intorno a principi etici e di carattere solidaristico. Il giudizio sulla meritevolezza è affidato in primis al notaio ed è soddisfatto ogniqualvolta lo scopo perseguito sia lecito, ovvero non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
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