Rendita integrativa: perché, come, quanto e quali destinatari

Rendita integrativa: perché, come, quanto e quali destinatari

La popolazione italiana è fra le più longeve al mondo, eppure l’attuale sistema pensionistico pubblico non assicura a tutti le stesse garanzie per quanto riguarda la qualità della vita post pensionamento. La necessità di una pensione “di scorta” è sempre più avvertita fra gli italiani, ma i quesiti sono ancora molti. Vediamo di risolverne alcuni

Si vive sempre più a lungo. Entro il 2065, secondo una stima dell’ISTAT, gli uomini raggiungeranno una vita media pari a 86 anni mentre le donne quota 90 anni: sulla base di queste stime l’Italia risulta essere uno dei Paesi con la più alta media anagrafica al mondo.

Un trend positivo, ma a condizione che sia accompagnato da un buono stato di salute e da finanze in grado di soddisfare le crescenti necessità degli individui in età avanzata.

Se analizziamo l’attuale situazione della previdenza sociale e la contribuzione che le giovani generazioni iniziano a versare in età sempre più avanzata a causa dell’incerto sistema lavorativo, non è difficile giungere alla conclusione che la situazione non è certamente delle più rosee. Per un futuro tranquillo è meglio, quindi, muoversi per tempo. Come? Costruendosi una rendita integrativa rispetto alla pensione pubblica.

Quali strumenti?

Le possibili alternative sono più di una: dalle forme di previdenza complementare (Fondi pensione chiusi e aperti o Piani Individuali Pensionistici) a strumenti di gestione del risparmio che possono essere di tipo assicurativo (Polizze vita) piuttosto che finanziario (Fondi comuni d’investimento). Alternative differenti con uno scopo comune: una vecchiaia che consenta di mantenere un adeguato tenore di vita e far fronte a tutti i bisogni.

Certamente, pur portando allo stesso traguardo, le strade percorribili presentano caratteristiche diverse (durata, costi, flessibilità, fiscalità, prestazioni, ecc.) che soddisfano aspettative ed esigenze altrettanto diverse.

I destinatari

Tutte le tipologie di lavoratori sono soggette al sistema di calcolo contributivo, introdotto per la prima volta nel 1995 con la riforma Dini per una parte di lavoratori e dalla riforma Fornero per tutti.

Si tratta di un sistema di calcolo basato sulla contribuzione versata durante la vita lavorativa (montante contributivo) e trasformato in rendita pensionistica attraverso specifici coefficienti demografici legati all’aspettativa di vita media. È evidente che un simile sistema di calcolo premia coloro che accumulano più contributi e penalizza chi ne accumula di meno.

Il lavoratore dipendente ha un’aliquota contributiva del 33% da calcolare sulla retribuzione imponibile annua. Per un lavoratore autonomo (commercianti, artigiani, coltivatori diretti) l’aliquota scende al 24%: per ottenere un montante finale simile a quello di un dipendente, il lavoratore autonomo deve dichiarare un reddito annuo di poco inferiore al 40% della retribuzione del dipendente.

Per non parlare dei liberi professionisti che hanno aliquote variabili dal 10% al 18% e in particolare dei giovani precari che per discontinuità di versamenti rischiano di arrivare in pensione con un assegno sotto la soglia di povertà.

Quanto versare?

La domanda più frequente è la solita: “quanto devo versare per ottenere una rendita dignitosa?”.

Il meccanismo è molto semplice, nel corso degli anni si accantona una certa cifra che servirà per ottenere una rendita integrativa in aggiunta alla pensione pubblica.
Determinare l’importo esatto della rendita è impresa impossibile perché le variabili da considerare sono molte e aleatorie (età del lavoratore, importi versati, il tasso annuo di rendimento dello strumento scelto, il coefficiente di trasformazione da utilizzare per convertire il montante finale in rendita, ecc.), tuttavia è sempre possibile fare delle ipotesi/simulazioni per avere una stima di quanto maturerà, l’unica certezza è che prima si comincia a versare e meglio è.

Secondo le elaborazioni fatte da Progetica, società di consulenza previdenziale, per avere mille euro al mese in più è realistico pensare di versare un centinaio di euro al mese quando si ha 30 anni di età. Se invece si inizia a 40 anni sarà necessario versare il doppio per ottenere la stessa rendita.

Anche chi è vicino al pensionamento può avere dei benefici sia pure ridotti. Sempre secondo le stime di Progetica, un soggetto di 55 anni versando mille euro può attendersi di ottenere una rendita di 482 euro con un investimento prudente/garantito e di 557 euro con un investimento bilanciato.


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