Il paradosso: pensione più alta per chi non ha mai lavorato

Il paradosso: pensione più alta per chi non ha mai lavorato

La riforma Fornero non è la sola macchia del sistema previdenziale italiano. Le falle sono tante, a cominciare dagli squilibri fra prestazioni previdenziali ed assistenziali. Ecco un esempio pratico che tratteggia il quadro della paradossale realtà italiana

Ipotizziamo una situazione in cui un individuo prossimo all’età del pensionamento rimanga senza lavoro dopo aver maturato un’anzianità contributiva di 17 anni (il requisito minimo dei per maturare il diritto alla pensione è di 20 anni di anzianità contributiva).

Il quesito è: cosa può fare questo individuo per recuperare i tre anni di contribuzione che gli consentirebbero di raggiungere il requisito minimo dei 20 anni per maturare il diritto alla pensione?

Le strade alternative che si dovrebbero aprire innanzi al nostro individuo sono tre:

  • Riscattare eventuali anni di laurea;
  • Fare domanda per i versamenti volontari;
  • Chiedere l’accredito di eventuali contributi figurativi.

La risposta al quesito di cui sopra è sorprendente: la cosa più vantaggiosa, da un punto di vista finanziario, è non fare assolutamente nulla!

Si, proprio così, ed ecco spiegato il perché, partendo dalla definizione di due parole: assistenza e previdenza.

Per assistenza s’intende tutto quello che lo Stato eroga a favore dei cittadini privi di reddito e pensione, indipendentemente dal versamento dei contributi, mentre per previdenza s’intendono tutte quelle prestazioni maturate in base ai contributi pagati.

In Italia, da sempre, assistenza e previdenza vanno a braccetto, non si è capito (o voluto capire) il vero motivo per cui nessuno ha mai cercato di separarle, ma a volte si scontrano come nel caso che andremo a esaminare.

La logica ci dovrebbe dire che gli importi delle prestazioni previdenziali dovrebbero essere superiori a quelli delle prestazioni assistenziali ma non è sempre così! Ci sono delle situazioni in cui è vero proprio il contrario. Com’è possibile?

Ecco un esempio che rappresenta un caso che non di rado potrebbe accadere.

Mario è stato titolare di un’impresa commerciale per 20 anni, dal 1998 al 2017, e in questo periodo ha sempre regolarmente versato i contributi previdenziali calcolati sul reddito imponibile dichiarato. Se, per semplificare, ipotizziamo che il reddito annuo medio reale di Mario sia stato pari a € 20.000,00 i contributi complessivamente pagati sono stati pari a € 84.000,00 (20.000 x aliquota contributiva del 21% x 20 anni).

Al raggiungimento dell’età pensionabile Mario presenta la domanda di pensione e matura una prestazione previdenziale per un importo mensile lordo di € 368,30, determinato, in regime contributivo, nel seguente modo:

montante contributivo (84.000) X coefficiente di conversione al 67° anno di età (5,7%) : 13 mensilità

Sin qui c’è poco da meravigliarsi: in un regime previdenziale equo (quello contributivo appunto) l’importo della pensione è in funzione di quanto si è versato durante la vita lavorativa.

Quello di cui meravigliarsi (e indignarsi) arriva ora.

Camilla, figlia unica, non ha mai avuto un gran feeling con il mondo del lavoro. Grazie all’alibi dello studio, è sempre riuscita a “sbarcare il lunario” con l’aiuto dei suoi genitori che le hanno anche lasciato in eredità una casa e una discreta liquidità sul conto corrente. Non avendo mai versato contributi Camilla non avrebbe diritto ad alcuna prestazione previdenziale ma ecco che entra in gioco la prestazione assistenziale. Infatti, raggiunta l’età pensionabile Camilla presenta domanda per l’assegno sociale, non possedendo altri redditi e un diritto per la pensione.
L’importo mensile cui ha diritto è pari a € 453,00, in altre parole 84,70 mensili in più di Mario!

Come abbiamo dimostrato, la prestazione assistenziale ricevuta da un soggetto che non ha mai lavorato (o non abbia raggiunto il requisito contributivo minimo richiesto per il diritto alla pensione) è superiore a quella previdenziale di un individuo che ha maturato il requisito per la pensione e versato regolarmente i relativi contributi.

Conclusione: in Italia si permette a una persona che non ha mai lavorato di ricevere una prestazione superiore rispetto a una persona che ha lavorato per 20 anni e ha versato 84.000,00 euro di contributi.

Pur senza negare il diritto all’assistenza nei confronti di chi versa in condizioni di povertà, l’esempio riportato in questo articolo serve a mettere in luce i forti squilibri che affliggono il sistema previdenziale italiano. Su questi aspetti il legislatore dovrebbe porre maggiore attenzione quando legifera per evitare ingiustizie sociali.


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